Processo d’appello per la panda nera

 

In questi giorni si apre il processo d’appello per la banda della panda
nera ( qui il dossier ) e già ci si trova di fronte una bella sorpresa:
l’accusa richiede pene minori di quelle assegnate agli imputati nel
processo di primo grado, facendo cadere il reato di associazione a
delinquere.
Praticamente la banda della panda nera non è  una banda: secondo
l’accusa non ci sono prove che le azioni dei carabinieri e degli agenti
di polizia locale "offendesso o mettessero in pericolo l’ordine
pubblico
".

Dunque i raid compiuti dal 2005 al 2007, il venerdì
sera, dopo un "briefing" nella caserma di Calcio in cui si sceglievano
gli obbiettivi sotto la guida di "Herr Kommandant" il maresciallo
Deidda (così si faceva chiamare dai membri della banda) sono
semplicemente ascrivibili alla "continuità di reato" e non ad un
progetto organizzato e finalizzato alla "caccia allo straniero" (altro
termine usato dagli appartenenti alla banda).

Ovviamente questo inspiegabile cedimento dell’accusa, che in
pratica stralcia totalmente la sentenza di primo grado, ha dato il via
libera ai difensori che hanno giocato sulla scarsa affidabilità dei
testimoni (tossici, stranieri, pusher, clandestini…) e si immaginano
complotti orditi contro i propri assistiti da fantomatiche reti di
pusher marocchini.

 

qui sotto l’articolo apparso ieri sull’Eco di Bergamo:


Vanno ridotte le pene, perchè il reato di associazione per
delinquere è insussistente. È stato lo stesso procuratore generale
Francesco Nuzzo a chiedere di rideterminare al ribasso le condanne
rimediate da tre degli otto imputati in abbreviato. È così, è iniziato
con un piccolo colpo di scena ieri il processo d’appello per i raid che
un gruppo di carabinieri e vigili urbani avrebbero secondo l’accusa
messo a segno dal novembre 2005 al giugno 2007 nella Bassa. Controlli
per lo più nei confronti di pusher extracomunitari che per il pm Enrico
Pavone e per il gup Bianca Maria Bianchi sarebbero sfociati in veri e
propri pestaggi.
Non è che per il pg Nuzzo queste cose non siano accadute. È che mancano
le basi per sostenere che fossero opera di un’organizzazione. In
sostanza, è il ragionamento dell’accusa in appello, non c’è la prova
che le operazioni incriminate offendessero o mettessero in pericolo
l’ordine pubblico
. Per il pg siamo insomma più nel campo della
continuazione dei reati che in quello delle malefatte di una banda.
E così la presunta mente delle spedizioni, il maresciallo Massimo
Deidda, all’epoca comandante dei carabinieri di Calcio, in secondo
grado si vede recapitare una richiesta di condanna che non tiene conto
del reato di associazione a delinquere: 4 anni la pena richiesta da
Nuzzo, contro i 5 anni e 2 mesi rimediati dal gup. Stesso ragionamento
per gli altri due presunti sodali: l’ex carabiniere di Calcio Viviano
Monacelli da una condanna incassata di 6 anni, per il pg dovrebbe
passare a 4 anni e 4 mesi, mentre la pena per il vigile di Cortenuova
G. Paolo Maistrello dovrebbe scendere da 3 anni e mezzo a 2 anni e 2
mesi.
Anche il maggiore Massimo Pani, all’epoca comandante della compagnia
dei carabinieri di Treviglio, pur non accusato di associazione, nei
disegni del pg dovrebbe ottenere una sostanziosa riduzione di pena,
passando dai 3 anni e 8 mesi incassati davanti al gup ai due anni
proposti ieri dall’accusa. Il motivo: per lui (per Deidda invece si)
non ci sarebbe la tentata concussione dovuta alle pressioni che avrebbe
esercitato sui sottoposti di Martinengo perchè coprissero Monacelli in
un processo per procurata evasione. Per gli altri 4 imputati Nuzzo ha
invece invocato la conferma delle pene: un anno con la condizionale per
i carabinieri di Calcio, Vincenzo Di Gennaro e Gerardo Villani; 3 anni
per il carabiniere di Romano, Fabio Battaglia e 2 anni (pena sospesa)
per il maresciallo Michela Francesconi.
Dopo il pg, Luca Bosisio, legale di parte civile per sette marocchini,
ha invocato la conferma delle condanne di primo grado. Enrico
Mastropietro, difensore di Battaglia (coinvolto nella restituzione di
un chilo di hashish  uno spacciatore) e Maistrello (accusato di alcuni
pestaggi), ha invocato l’assoluzione per entrambi: il primo perchè
avrebbe solo obbedito agli ordini di Pani, il secondo perchè nei raid
avrebbe avuto un ruolo marginale.
Stesso ragionamento lo ha fatto l’avvocato Paolo Corallo per
Francesconi, che – per la difesa – avrebbe fatto solo da autista a Pani
nell’episodio del chilo di hashish. Pure gli avvocati Anna Marinelli e
Giuseppe Nicoli, hanno chiesto il proscioglimento del loro assistito,
Di Gennaro, accusato di aver fatto sparire con altri 2050 euro a un
marocchino, spiegando che per questo episodio c’è solo la dichiarazione
del nordafricano. Ieri anche Marco Zambelli, avvocato dell’imputato
"principe" Deidda, ha iniziato il suo intervento che concluderà
nell’udienza odierna.

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