Come al solito, massimo rispetto a El Persiano:
Come al solito, massimo rispetto a El Persiano:
Per quell* rimasti nella bergamasca: il 15 di agosto verso le 13.30 si farà un picnic agreste nonchè bucolico in quel di Fara d’Adda.
Chiaramente ognun* si deve portare del cibo, magari anche da condividere, e del beveraggio, idem, pensando anche ai modi per refrigerarlo.
Il picnic si farà in un prato alberato vicino all’Adda, portarsi anche coperte tavolini di plastica.
Ci sarà musica diffusa e bella gente.
Queste le indicazioni per arrivare al posto:
Il ritrovo è in via Isola, di fronte al campetto da calcio usato come parcheggio per il Fara Rock per intenderci.
– da Melzo: idem, dovete arrivare al ponte di Cassano, oltrepassarlo, girare a sinistra per Fara d’Adda;
– da Bergamo: uscire in direzione Stezzano, proseguire dritti fino a superare Verdello fino ad una grande rotonda con il mercatone uno alla vostra sinistra; lì prendere a destra in direzione Canonica d’Adda, proseguire dritti fino a Canonica, alla rotonda prima del ponte girare a sinistra in direzione Fara. Sempre dritti fino ad entrare in paese, poi a destra verso piattaforma ecologica e Linificio.
– da Romano e Caravaggio: arrivate a Treviglio rimanete sulla strada tenendovi l’ospedale sulla sinistra, superate tutti i semafori, passate sotto il cavalcavia della ferrovia e poi seguite le indicazioni da Treviglio.
-da Treviglio: prendere la strada per Cassano, alla rotonda prima del ponte girare a destra in direzione Fara d’Adda. Seguire la strada fino al centro del paese, oltrepassata una rotonda girare a sinistra e seguire le indicazioni per la piattaforma ecologica.
– resto del mondo: l’importante è arrivare a Treviglio….
Fate girare la cosa ad amici e parenti
rete*bassa
Piccolo diversivo in quest’estate di afa e fobie ossessive.
Come si arriva
al blog di rete*bassa: alcuni tra i migliori accessi dai motori di
ricerca (cioè quello che la gente digita su google o simili, finendo
per arrivare, per vie a volte misteriose, al nostro blog).
Godetevele e fate le vostre considerazioni;
– sequestro + ritardato
– un chilo di ghiaia mista quanti mq sono?
– Zingonia + trans (ripetuto 18 volte, più altre innumerevoli varianti…)
– Cassano Adda zone prostituzione
– trans + Zingonia + appartamento
– cocaina + Capralba
– la banda del panda
– foto bambini aggrediti dai ladri e buttati nella spazzatura
– ci sono metodi per non sembrare bassa?
– foto + Donatella + Zingone + Pasquali + nuda
– Cortenuova + ridicola
– trans + negra + Zingonia
– matrimoni fittizi tra straniere ed italiani quanto soldi si possono prendere?
– posters anti moschee lega nord
– transex Treviglio
– a chi si contraggono i giacobini
– trovare haschisch a Bergamo
– ultras + padani
– dove trovare viados a Bergamo
– Prevedini + merda
– viados + brasiliani + dotati
– Boltiere transex
– foto + tonnellata + panetti + haschisch + belli
con un po’ di ritardo piccolo report di questo quando un nutrito gruppo di personaggi non meglio classificabili ha deciso di fornire un po’ di vita alla piazza centrale di Treviglio radunandosi con birrette, attrezzi di giocoleria, cani di varia taglia, gessetti colorati ecc. con l’intenzione di vivere la propria città.
piazza Garibaldi, Treviglio:
ore 21.00 presente solo qualche temerario che decide in autonomia di presentarsi mezz’ora prima. L’afflusso di gente alle "botteghe al chiar di luna", cioè negozi del centro aperti fino alle 23 (wow!), è comunque massiccio e in aumento.
ore 21.30 inizia ad arrivare un po’ di gente, alcuni con birre al seguito, altri con cani. Sopraggiungono dei percussionisti che si piazzano nell’angolo sotto il palco comunale; sotto i portici si improvvisano composizioni di gessetti colorati su carta da pacchi, mentre giocolieri (due) vanno di clavette.
ore 22.00 piazza ormai piena, i percussionisti fanno rumore, si sentono da centinaia di metri di distanza, radunano un buon numero di cittadini trevigliesi che si piazzano incuriositi a debita distanza. Scatta la distribuzione dei volantini di rete*bassa, accettati con diffidenza, ma accettati.
ore 22.10 i cittadini trevigliesi, fedeli alle proprie tradizioni, fuggono in ogni direzione nel momento in cui un percussionista inizia a passare con un cappello per qualche moneta.
ore 22.15 altri cittadini trevigliesi, ignari del pericolo, si fermano a sentire i percussionisti; fuggiranno anche loro alla seconda uscita del cappello richiedente monete. Questo ciclo avvicinamento-cappello-fuga si protrarrà fino alle 23. Nei momenti tra l’avvicinamento e il cappello i volantini vengono rapacemente distribuiti. Intanto iniziano a girare chitarre e birre, si inizia pure a fraternizzare con le compagnie di ragazzini fisse sulle panchine della piazza, giusto con un pizzico di diffidenza da parte loro; 4/5 lattine di birra regalate servono allo scopo di fugare ulteriori dubbi.
ore 23.00 i negozi, vista l’ora e che domani-si-va-a-lavorare-e-mi-sveglio-presto, abbassano le serrande.
ore 23.10 il deserto. Il centro è totalmente svuotato. Scene da villaggio dei Carpazi al tramonto, vecchine che scappano a casa. La chiusura dei negozi lascia solo un paio di maghrebini disorientati dall’improvvisa emorragia di folla, noi e i percussionisti. Tutta gente che l’indomani lavorerà la mattina presto, ma che preferisce un fine serata all’aperto ai domiciliari in casa.
ore 00.00 si inizia a sbaraccare, si raccolgono le lattine a terra, ci si saluta con fraterne pacche sulle spalle. Treviglio assume toni spettrali da città abbandonata.
Vivere le proprie città, le proprie piazze, è un gesto rivoluzionario.
ecco i volantini distribuiti: fronte retro
Bassa Bergamasca, luglio 2008
Avanza la psicosi della “paura percepita” e già si indicano i soliti capri espiatori: stranieri, “zingari”, diversi.
Le
ronde si preparano a conquistare le notti della nostra provincia,
mentre politici e media soffiano sul fuoco della paura: la gente deve
avere terrore di uscire di casa, di camminare per strada la sera, anche
nella nostra tranquilla e sonnolenta Bassa. Le ragazze devono temere i
viaggi con le amiche.
L’uomo nero è sempre in agguato.
Allo
stesso tempo chi vive le piazze, i parchi, le strade, offrendo musica
ed intrattenimento a tutta la popolazione, è sempre più considerato un
problema di ordine pubblico. Si organizza un concerto, (anche di
giorno, anche con decibel più che misurati): arriva la polizia.
Di
fronte a questa situazione reagiamo affermando: una città animata anche
la sera è una città più sicura! La musica e la gente per strada sono
più efficaci di qualsiasi ronda.
Per
questo vi invitiamo a raggiungerci mercoledì 23 luglio, dalle 21.30, in
piazza Garibaldi a Treviglio: troverete musica, giocoleria, e gente che
ha voglia di stare sveglia.
VIVI LA TUA CITTA’, PRIMA CHE LA VIVANO SOLO LE RONDE!
“Vuoi tu mi sposare?” Quale
fanciulla non ha, almeno una volta, sognato un aitante principe disposto a
starsene al suo fianco tutta la vita, anche quando i fianchi si sformano oltre
la taglia 42 (la 40 non è educativa). Si può soprassedere alla sintassi poco
mirabile.
Ma se il principe è un operaio
tornitore pachistano, che di azzurro ha solo l’inguardabile camicia sfoggiata
per l’occasione irripetibile, la fanciulla in questione vacilla nella sue
auliche aspirazioni. Appoggiata alla rete di un campo da calcio, quasi
appiattita per sottrarsi agli occhi curiosi di chi fa jogging la domenica
mattina, Monica non sa se ridere o fuggire da quel Kashi di cui sa poco più che
il nome.
Monica è un’ordinaria neo
maggiorenne della Bassa e crassa padana, che nel corso di un’intervista per il
giornalino locale, è finita nelle trame di un corso di italiano comunale per
stranieri e, senza quasi accorgersene, ci è rimasta per qualche anno, ogni
mercoledì puntuale, a compitare sillabe e paradigmi verbali nell’ardua impresa
di trasmettere l’italico idioma ad
agricoltori indiani e casalinghe marocchine.
Kashi è uno dei tanti studenti,
non si distingue per particolare assiduità, e finora non s’è mai lanciato in
improbabili corteggiamenti. Monica ormai ha una collezione pregevole di
stranieri che decantano le sue beltà, incuranti del peso non proprio forma e
ammaliati dal ritmico dondolio della sua testa che accompagna spiegazioni di
termini.
Nell’istante in cui si sente chiedere la mano, così, senza preamboli
e nemmeno la romantica cornice di una notte di luna iridescente, ripensa a
quando Jaswinder le ha dichiarato il suo amore folgorante, nato improvviso in
una sera di nebbia ed ennesime ripetizioni di articoli nella luce giallognola delle
scuole elementari. A quando Youssef la aspettava sotto casa con una rosa blu di
plastica, sfidando gli sfottò dei compaesani, o ancora a Malik conosciuto per
caso durante una vacanza in Spagna, pronto a lasciare tutto pur di raggiungerla
in Italia. Senza che lei mettesse in atto nessuna pratica di seduzione o
impegnasse gli occhi in accattivanti ammiccamenti: sembrava che per magnetismo
gli stranieri fossero attratti da lei. L’autostima scrollava le spalle quando
la mente, razionale disillusa, le suggeriva che un mix di solitudine, estraniamento,
e gratitudine smisurata innescavano queste cadute a catena ai suoi piedi.
Trattava questi panegirici
d’amore con automatica diplomazia, eludendo le irritanti accuse di razzismo e
inventando che è costume italiano concedersi solo dopo i venti anni o adducendo
la timidezza e l’inesperienza.
Ma una proposta di matrimonio,
ancora non l’aveva mai ricevuta. Qui si trattava di un impegno serio, perbacco:
che il colpo di fulmine di Kashi promettesse una lunga vita d’armonia ed
affetto, con la pompa magna di una cerimonia esotica con tanto di veli, drappi
e gioielli tintinnanti? Di sottecchi guardava Kashi, un bel ragazzo dopotutto,
inaspettatamente alto e slanciato, niente barba incolta da talib. Era nervoso,
palesemente nervoso,e non riusciva a guardarla negli occhi. La risposta che
vuole elaborare non arriva, non sa se buttarla sul ridere o indulgere
pazientemente, perché davvero quel ragazzo poco più grande di lei lo conosce
appena.
“non posso”, è l’unica, patetica
cosa che le riesce di dire. “sai, è un passo importante, poi i miei
genitori..:”
A quel punto Kashi alza,
finalmente, lo sguardo. Respira profondo e dichiara lui vuole sposarsi solo per
avere la cittadinanza. Cittadinanza. Un pezzo di carta d’inestimabile valore,
che fa di un Florian, di un Jesus o di una Ewa italiani col vezzo d’un cognome
come Branku, Perez-ALvarez o Malinowska. Cittadini votanti, oltre che lavoranti
e paganti tasse, cittadini come me, balena in mente a Monica. Ma nella vicina
Caravaggio, meta di pellegrinaggio domenicale quando Monica era bambina e
devota della Madonna, il sindaco ha tuonato contro queste unioni fasulle, un
paio di firme al volo e le nozze svilite d’ogni pegno d’amore eterno.
Kashi pagherebbe, naturalmente. Capisce
il valore dell’onta di un matrimonio-lampo con uno straniero dalle dubbie
credenziali per una giovane studentessa dalle auree ambizioni. Qualche migliaio
di Euro per l’incomodo, e la solenne promessaipresentarsi agli orobici suoceri
perché ne vaglino la rettitudine morale. Kashi lavora, doppi turni di solito,
ormai il venerdì non ha tempo di andare in moschea, rivolege un pensiero
fuggevole e malinconico all’Est dove sorge il sole di ogni giorno in fonderia,
dove il calore è perenne e più infernale di quello del deserto. Forse Allah non
ha dimestichezza con la burocrazia, o forse il suo fuso orario non è allineato
con quelli delle richieste per flussi. Fatto sta che Kashi, di nuovo, s’è vista
svanire la possibilità di mettersi in regola perché per un pugno di minuti, di
secondi, altri connazionali hanno ottenuto le prime posizioni. 54 è
l’implacabile numero vicino alla sua richiesta. La precisione la millesimo
dell’orario d ricezione di tutta la documentazione è un pugno sui denti che
dissimulano un sorriso pacato, sono altri mesi di speranze spasmodiche
naufragati.
3 mesi, il minimo obbligato
perché l’insondabile macchina della legge si metta in moto e aggiunga un
cittadino alla sua anagrafe nazionale. se tutto va bene
Monica continuerà a studiare, a
vedere gli amici, a godersi la piena cittadinanza meritata col diritto di
sangue: i suoi avi sono italiani certificati, lei è salda sulle sue radici.
In quegli istanti di silenzio
teso, mentre Monica cerca di svicolare ironicamente, Kashi si gioca tutto. La
speranza di poter finalmente farsi un giro con gli amici la sera senza dover
controllare che all’orizzonte spuntino divise, di farsi medicare con l’anima in
pace quando si rompe un dito giocando a cricket, e giocarlo potendo
regolarmente prenotare il campetto al centro sportivo. Si gioca, anche, tutta
la sua dignità: si trova costretto a implorare una ragazza con cui ha scambiato
sì e no qualche parola. Kashi conficca le unghie nei palmi, deve ricacciar
indietro l’immagine di Benhazir, il suo sorriso malinconico che balugina dal
cellulare. Gliene ha parlato: un matrimonio finto, sacrificare un passo che
vorrebbe fare solo con lei, la sua Banhazir, per guadagnarsi la legittimità in
Italia.
Dove è arrivato senza troppo
volerlo, perché un pezzo d’Europa valeva l’altro alla ricerca di un lavoro
dignitoso con cui dare una mano alla famiglia. Benhazir aveva capito, adesso
doveva solo aspettare. E combattere contro i genitori, che a 24 anni la vorrebbero
accasare al più presto, timorosi delle dicerie dei vicini curiosi. Chissà se
esisteva ancora il fantomatico fidanzato partito con un visto turistico da
Karachi e la valigia piena di odi all’Europa oasi felice.
Il suo destino è lì, in bilico,
ancorato alla risposta che Monica si affanna per non rendere troppo stupida.
Chissà se intuisce la disperazione e l’umiliazione che Kashi prova, a mantenere
fermo il suo viso che trema, tacitamente chiedendo scusa per la richiesta che
fa.
Fermare l’invasione. Solo quelli
che vogliono lavorare. Italia cristiana. I romeni stuprano. Le carceri sono
piene di extra-comunitari. Pattugliare il Sahara. In provincia di Cremona
servono agricoltori. Gli Italiani non fanno più questi mestieri. Retate della
polizia. L’ucraina, regolarmente risiedente, accusata
falsamente. Immigrazione clandestina è reato penale. Non sono norme razziste.
Albanese annegato nell’Adda. Mafia nigeriana in affari con la ‘ndrangheta. I
musulmani e i canti di Natale. La camicia di Gheddafi e le camicie verdi.
Paura, paura, allarme sicurezza,
emergenza immigrazione.
Paura.
Quella di Kashi che ciondola le
gambe al parchetto di Arcene. Davanti a lui sfila un’ordinaria serata di
mezz’estate, con le risate fra i gelati e la musica dell’oratorio, le
passeggiate dei cani e le litanie contro l’afa. Deve prendere in mano, di
nuovo, il suo destino. L’Italia è una fortezza inespugnabile, per sperare di
risiederci regolarmente deve tornare indietro. In Pakistan. Constatare che
Benhazir non ha potuto più aspettarlo, che il tempo della sua conquista di un
posto nella privilegiata cittadinanza
europea è finito. E da lì sperare che il datore di lavoro lo faccia
entrare come categoria protetta.
Rigira fra le mani il
portafoglio, lo scrigno della sua identità inutile: quei documenti col timbro
della Repubblica dei Puri non lo descrivono più, è un fantasma fra i tanti che
abita il limbo dei non regolari. Può lavorare, accumulare soldi da spedire a
casa. E questo è quanto l’Italia può concedergli, anche perché non paga la
tasse. Solo una morte “bianca” o un’eroica impresa id probità civica potrebbero
dargli un trafiletto sul giornale, accanto all’alacrità con cui di discute di come
regolamentare l’immigrazione. Ma Kashi dal 2001 non è un cives, solo un paio di
braccia intorno al tornio e una seccatura quando insiste perché lo si metta in
regola.
ha imparato le imprecazioni di bergamaschi,
sa imitare l’accento dei colleghi pugliesi, inveisce contro le testate di
Zidane, sa che può salutare le sue amiche italiane con un bacio sulla guancia.
Adesso deve decidere se lasciare
tutto questo. Lasciare il terrore di finire in via Corelli, stretto fra mura
ancora più tangibili di quelle contro cui sbatte ogni giorno, e poi in carcere.
Tornare da sua mamma, trovare il modo di spiegarle cosa succede in Italia,
perché non regge una ventiquatt’ore in mano e qualche souvenir caratteristico. E
perché per 5 anni non potrà tentare la conquista: gli sigilleranno i bastioni
di tutta Europa. Raccontarle delle mirabilie della laboriosità lombarda e
spiegarle che, però, sono terroni quelli che controllano l’iter delle pratiche
per i permessi.
Ancora una volta parole, tante parole. Ne ha
usate tante dal 2001, nella lingua del Paese che lo ospita senza scusarsi per
averlo relegato nell’oscurità anonima delle cantine, elargendogli sprezzante
briciole di tecnologia e pinguedine purchè sottaciute e tenute solo nella
cerchia di amici e parenti. Ne ha pronunciate per chiarire la sua situazione a
Monica, poi per chiedere a Paolo se poteva scaricargli una sintesi dei decreti
leggi sull’immigrazione da Internet dopo il “giro di vite” nei call centre, per
protestare con misura col capo all’ennesimo
straordinario, per fare passa-parola caso mai qualcuno avesse bisogno di
un badante fittizio.
A soli 24 anni Kashi non ha più
voglia di usare parole, quelle che i politici mettono nero su bianco per
giocare a scacchi con la sua esistenza, facendo dei riquadri neri e bianchi dei
campi minati.
Chiede l’ultimo gelato davvero
italiano, come solo in Italia se ne possono fare. Sa che la Spagna ha superato in
economia l’Italia e l’ha eliminata agli Europei, ma per ora la cucina italiana
è imbattibile.
Un pizzico di basilico fresco
sull’odore di carne fatta a pezzi da programmi elettorali, accordi
internazionali, pacchetti-sicurezza.
L’odore della paura di Kashi che
attraverserà altri confini segnati sulle mappe e nelle menti di chi ci abita,
pronto a rinunciare alla dignità conferita da un timbro di vidimazione su un
pezzo di carta.
“Adei che, i ga farà cusè sempre
che a ciundulà sö panchine de nocc sti maruchì”
sab 19 e dom 20 luglio @ Bergamo [per il dove e come tenetevi aggiornat* su: www.pacipaciana.org]
Genova, luglio 2001 – Italia, luglio 2008
sette anni fa a Genova fu solo l’inizio. Con l’uccisione di Carlo
Giuliani in piazza Alimonda si è segnato probabilmente l’inizio di
un’epoca di orrore.
Se la polizia picchiava brutalmente un Movimento che sembrava aver
trovato uno slancio finalmente vincente, ora, luglio 2008, stesso caldo
di allora, il Governo vara un pacchetto sicurezza assassino, vuole
prendere le impronte digitali ai Rom, discrimina e rende la vita sempre
peggiore ai migranti, sottopone tutti – migranti e nativi – a un clima
di paura, terrore, precarietà. Il tutto nel silenzio di un’opposizione
parlamentare che parla di “dialogo” con i mandanti dei massacri di
Genova01 [con due terzi dei poliziotti inquisiti per i pestaggi a
Bolzaneto assolti, un altro segno di voler stuprare la verità] e i
promulgatori delle “nuove leggi razziali”.
Una vera e propria “Fiera degli Orrori”, alla quale stiamo assistendo
da 7 anni. Alla quale ci vogliamo ribellare., per mettere fine agli
orrori.
Con Carlo nel cuore
programma:
** SAB 19/7
* dalle ore 17 alle ore 22 punk è moda presenta:
Mastic + Mumbajumba + Agatha + Vulturum + guest, per un pomeriggio punk hc sudato
* dalle ore 19.30 aperitivo
* dalle 22.30 proiezioni di video sul G8 + live art performances
* dalle ore 1 soundsystem con Delta 9 + guest & videoproiezioni
** DOM 20/7
* dalle ore 13 grigliata
* dalle ore 14 torneo di calcio 3 vs 3, squadre miste e a portine – music powered by: BergamoReggae
* dalle ore 16 letture teatrali
durante tutta l’iniziativa saranno presenti banchetti di materiale
informativo e autoproduzioni, inoltre saranno esposte mostre
fotografiche e artistiche
Questo ce l’eravamo perso:
STATALE INVASA DA CURIOSI TRACCE DI UFO IN UN CAMPO
Il Giornale di Treviglio, 29/05/08
CAVA, DOLCE CAVA
Bassa Bergamasca terra di lavoratori,
leghisti e anche cavatori.
Il triangolo
Arcene-Pontirolo-Ciserano è da anni ambita zona di escavazioni per ghiaia di
buona qualità, si parla di più di 8 milioni di metri cubi. Le poche famiglie
che si spartiscono questa torta geologica sono abili negoziatori: in Regione si
deve arrivare muniti di trattative con i privati proprietari dei terreni interessati
già ben avviate, per poi ottenere il via libera dal Consiglio.
È l’iter seguito anche
dall’azienda Vitali, che nel frattempo ha costruito il parcheggio della
(futura?) stazione di Arcene, che ancora attende il rispetto degli accordi per
far fermare treni della linea Bergamo-Milano.
Dal biennio 2000-2001 i Vitali
hanno acquistato svariati terreni nella zona ovest di Arcene, al confine con il
comune di Pontirolo, proprietà di alcuni privati arcenesi. In Regione,
tuttavia, solo 29 consiglieri contro 28 hanno votato il via libera per
l’apertura di una nuova cava. L’area interessata è un triangolo stretto fra una
cava esistente in attesa di bonifica (con timore di scarico di eternit),
la fermata ferroviaria e il Parco Locale
di Interesse Sovracomunale (PLIS). Vicinissima è, poi, la centrale Enel di
Ciserano. Si tratta, quindi, di un nuovo impianto (“fuori bacino”), e dalle
dimensioni esigue: 500.000 metri cubi.
Quali, allora, le motivazioni per
mettere le mani (e le ruspe) su questa fetta di terra?
Cavare è un investimento sicuro,
come dimostrano i dati sulle vendite anche all’estero della ghiaia nostrana,
che spesso non finisce nei “nostri” mattoni, come amano millantare gli
scavatori.
Ad Arcene s’impegnano a scavare
“non in falda”, ovvero a fermarsi a 12 metri di profondità. Prassi che, spesso,
porta poi ad ulteriori accordi con gli enti regionali per continuare a scavare
fino a 40 metri.
Il Comune di Arcene, e di riflesso i Comuni limitrofi, teme che questo primo
buco possa essere ghiotta testa di ponte per poi spingersi più a Sud e
collegarsi ad un’altra serie di buchi precedenti. Nonostante la legislazione in
materia di recupero cave e tutela ambientale, infatti, ai cavatori conviene
lasciare aperti i vari bacini per poterli utilizzare “a rotazione”. Non esiste
un organo di vigilanza e i risultati sono la “grovierizzazione” del territorio,
con buche che spesso finiscono in discariche e gli abitanti che rimpiangono la campagna perduta, sacrificata alla voracità edilizia.
A far gola sono anche le
infrastrutture di cui si vocifera da anni: l’autostrada pedemontana a Dalmine e
la BreBeMi a
Treviglio, nonostante l’avanzamento zero dei lavori per via di ammanchi
finanziari (per la BreBeMi
i costi sono previsti in quasi 2
miliardi di Euro).
Il Comune di Arcene si sta
opponendo per vie legali: a Settembre intende rinnovare la protesta in
Consiglio Regionale, facendo per esempio emergere l’assurdità dell’inserire
aree adibite a parco in un piano-cave, o ancora il contrasto con
l’esortazione della Provincia a rendere “urbanisticamente
appetibili” (??) le zone circostanti la stazione. Nel frattempo si vuole tenere
informata la popolazione e cercare l’appoggio e il coordinamento con tutti i
Comuni vicini. Le delibere regionali, fra cui il piano-cave, devono essere
pubblicate e in quel momento chiunque può intervenire con osservazioni. Ed è
quello che farà Arcene, con una denuncia al TAR che chieda una sospensiva per
il piano-cave. Legambiente si assocerà come parte lesa, e così potrebbero fare
altre associazioni interessate.
Un assessore locale sostiene che
la priorità dei paesi della Bassa, ormai saturi quanto ad urbanizzazione,
sarebbe quella di rivalutare i centri storici e curare la viabilità. Inoltre
intorno ai numerosi fiumi della zona, con un opportuno rimodellamento, si
potrebbe ottenere ulteriore ghiaia, anche se con investimenti sicuramente meno
agevoli.
L’azione del Comune di Arcene e
di chi lo sosterrà, rallenterà sicuramente l’apertura della cava e, forse, ne
impedirà del tutto l’attuazione. È, tuttavia, doveroso tenere monitorati gli
abili movimenti di chi crivella il suolo su cui calpestiamo e che, poi,
rimpiangiamo, per non rischiare di finire miopi come le talpe e ritrovarci a nostro agio in un sistema di
gallerie sotterranee infiltrate da percolato.
Alcuni dati tratti da qui:
NEL TERRITORIO IN ESAME CIRCA 350 HA SONO OCCUPATI DA AMBITI DI CAVA:
CIRCA IL 20% SITI IN SPONDA DESTRA DEL FIUME BREMBO, TRA BREMBATE E CAPRIATE;
CIRCA IL 35% COLLOCATI NELL’AREA TRA CISERANO E TREVIGLIO;
CIRCA IL 45% UBICATI IN SPONDA SINISTRA DEL FIUME BREMBO LUNGO L’ASSE DELLA EX S.S. 525 TRA BOLTIERE E PONTIROLO NUOVO.