Questa testimonianza arriva da una studentessa di storia dell’Università Statale di Milano. Forse potrà sembrare poco significativa, tra le continue notizie di aggressioni, ronde, roghi ai campi rom, "dagli allo straniero". La riportiamo lo stesso, nella sua meschinità, quasi per senso del dovere.
"Università degli Studi di Milano, corso di romeno afferente al Corso di
Laurea di Lingue e Letterature straniere. Frequentato da figli di
coppie miste e immigrati di seconda generazione alle prese con la
riscoperta della grammatica avita, e semplici curiosi e cultori
italici. Tutto nella norma, come mille altri corsi.
Però, c’è un però. La lingua neolatina di quella propaggine di romano
Impero è una "lingua di merda". Una "lingua da zingari". Del resto la parlano,
indiscriminatamente, stupratori romeni, ladri romeni, ubriaconi romeni,
badanti-prostitute romene, ladri di bambini rom, accattoni rom.
E allora diversi studenti decidono di cambiare corso, passare ad una lingua meno insidiosa, più
politicamente corretta. Anche per sottrarsi ai commenti sempre più fastidiosi dei compagni di studi.
Si vede che anche studiare il paradigma del verbo essere in romeno è
indice di complicità con l’inquinamento biologico e morale che i loro
madrelingua perpetrano quotidianamente, si vede che comprare una
grammatica è contrastare l’operazione sicurezza trasversalmente
condivisa e appoggiata."